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La rocca del Leone

In precedenza sul luogo esisteva un antica torre di guardia che, almeno da cento anni, difendeva le mura a nord della città ed in particolare la vicina ed importante Porta detta del Leone oltre la quale si stendeva un piccolo borgo che portava lo stesso nome.

 

Dall’alta e rettilinea torre a pianta quadrata, fatta per il semplice avvistamento, si passò ad una piccola agguerrita rocca, più adatta a scopi difensivi, assai più larga alla base con ampi spalti al primo piano finalizzati ad accogliere le nuove tecniche di difesa bellica. Agli spalti si giungeva attraverso una rampa interna, distesa su tre lati, adatta al trasporto di armi e munizioni con animali da soma. Le ampie sala del piano terra e del primo piano erano dedicate al corpo di guardia mentre nell’oscuro interrato si trovavano le prigioni.

All’esterno l’architettura della Rocca del Leone era scandita da tre arcate centrali, marcate da lesene assai aggettanti, che evidenziavano i quattro angoli, dotati di murature di maggior spessore rispetto al resto del fabbricato, come altrettante piccole torri. Le pareti esterne erano intonacate ed affrescate con semplici elementi decorativi floreali ed a nastro. La Rocca venne subito circondata da un fossato, che permetteva un attracco protetto alle barche a nord della città, e venne collegata alla Porta del Leone da un lato e dall’altro lato alle mura della città con ponti levatoi.

Il 3 di settembre del 1385 la popolazione ferrarese scese in tumulti nelle vie e nelle piazze della città esasperata da un’ennesima oppressiva tassa. Gli assalti e gli incendi spaventarono Niccolò II d'Este che per sedare la rivolta ormai giunta alle porte del suo palazzo dovette venire a patti con la folla inferocita. Ne fece le spese Tommaso da Tortona, Giudice dei Savi e consigliere del marchese, che fu consegnato ai rivoltosi e da questi barbaramente ucciso.

Scampato il pericolo e ripreso il controllo della città Nicolò meditò sulla debolezza della sua posizione sia politica che logistica. Decise quindi nei giorni a seguire di arrestare e far giustiziare i capi della rivolta e di realizzare una nuova fortezza (un altro castello, denominato Castel Tedaldo, affacciato sul grande fiume Po difendeva già la città verso sud) capace di difendere lui stesso, la sua famiglia e la sua signoria non solo da attacchi esterni, ma anche e soprattutto dai ferraresi che identificavano sempre più gli Estensi come stranieri ed oppressori.

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